L’illusoria “Soluzione” che “di più” sia meglio
I suoi primi vagiti risalgono agli anni’60, ed ora che ha raggiunto la piena maturità sa esprimersi con un “linguaggio” che sa spesso essere equilibrato, colto e sensibile. Stiamo parlando del “movimento per la decrescita”.
Esso va ad inserirsi nel quadro del più ampio movimento dell’ “International Network for Cultural Alternatives to Development” (INCAD). Il “credo” del movimento è al tempo stesso semplice e complesso. Esso si pone infatti pone in una posizione critica rispetto allìidea di “sviluppo”, un concetto che viene ormai generalmente “idolatrato” in una società ad elevato tasso di capitalismo e globalizzazione.
L’obiettivo dei fautori della decrescita è ambizioso: dar vita ad una società strutturata in maniera concretamente alternativa alla società di mercato. La globalizzazione è l’esaltazione del mercato a livello planetario. In essa e con essa, i valori economici sono predominanti, indiscussi e senza “rivali” degni di nota. L’economia appare fine e mezzo, dogma e panacea di ogni negatività o presunta tale.
Optare per una decrescita economica significa invece dis-economicizzare in primo luogo le menti. Si tratta di porre significati e ragioni d’essere al centro dell’esistenza, che non siano solo l’espansione della produzione e del consumo. Lo sviluppo tende a trasformare tutto o quasi in merci, ivi comprese le relazioni degli uomini tra loro e con la natura.
Mettere seriamente in discussione lo sviluppo e la crescita economica? Anche per molte menti illuminate fare questo equivarrebbe a ciò che potrebbe essere una bestemmia detta ad alta voce tra le navate di una chiesa. Ci si è quindi spesso limitati ad aggiungere un risvolto sociale o una componente ecologica al dogma della crescita economica, per renderlo più accettabile.
Così, si è spesso cercato di trovare soluzioni di compromesso, tentando di orientare la crescita economica verso una dimensione più umana e culturalmente valida. Sviluppo partecipativo, microsviluppo, sviluppo durevole, sviluppo sociale, etnosviluppo… Ma sempre di sviluppo si è continuato a parlare.
L’aggettivizzazione “illuminata” ha in qualche caso raddolcito concetti e portata della crescita, ma non è riuscita a conti fatti a cambiare concretamente le prospettive delle economie mondiali. Sono cambiate le parole, ma non i fatti.
Con i concetti legati alla decrescita, si inizia invece a far riferimento ad un abbandono dello sviluppo stesso, a un doposviluppo, che di per sé presuppone un addio almeno parziale delle velleità generalizzate di crescita economica.
Puntare sulla decrescita significa abbandonare l’illusione che “di più è meglio”.
Il bene e la felicità possono attuarsi anche con costi minori in termini ambientali ed economici. Tutto ciò non vuole e non deve essere antiprogressista e antiscientifico. Le vittime dello sviluppo non hanno probabilmente più la capacità di pensare che oltre all’economia vi siano altre strade per un’esistenza serena.
Lo sviluppo e l’economia sono generalmente visti come la Soluzione. Con la “s” maiuscola. E invece, sembrerebbe proprio giunto il momento di passare quanto meno alla “s” minuscola. Spesso infatti sviluppo e crescita economica, lungi da essere la classica “bacchetta magica”, sono essi stessi la fonte dei problemi della società attuale.
Raffaele Basile
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