Colazione da Estrella
Lungo una delle tante vie del Cammino si incontra un piccolo gruppo di case. Sul lato destro della strada uno slargo di pochi metri e una fontana addossata ad un muro. A sinistra invece un’aiola con fiori e una capanna con i segni del Sole e dalla Luna: la capanna rossa di Estrella, la strega. La strada in quel punto sembra così essere fra parentesi: lo slargo da una parte e l’aiola fiorita dall’altra. Estrella come ogni mattina attraversa la strada per prendere una brocca d’acqua e mentre la riempie scruta la via e vede arrivare i pellegrini, come mille altre volte. Studia i loro modi mentre passano o quando si fermano da lei per fare colazione, a bere qualcosa o soltanto per prendere l’acqua.
Talvolta passano e salutano; lei sorride e manda loro un vento amico per alleviare il peso dello zaino o quello dei tanti passi verso la lontana Cattedrale. Altri non la degnano nemmeno di uno sguardo (e si che è una bella signora, con due occhi scuri e profondi) e lei mormora al vento di portar loro via il cappello; oppure fa piegare il loro bastone ogni 365 passi e dopo tre volte i passi diventano 366 e via così. Quando passa un pellegrino troppo frettoloso il suo cappello vola all’indietro in modo che raccogliendolo veda quello che non ha notato prima; a quelli troppo lenti che attardano i compagni invece il vento porta il cappello in avanti, a farsi inseguire.
A tutti capita qualcosa che insegni loro a mitigare un aspetto o cogliere un suggerimento dell’anima o solo una visione per gli occhi. Ci sono due pellegrini stamattina, i primi che vede quel giorno.
Il primo si guarda attorno, studia la strada e ogni cosa che vede ma non si è perso, né teme di aver sbagliato cammino. Il secondo marcia come se fosse alla testa di un battaglione di soldati: sguardo avanti e testa alta, come se una vittoria gloriosa lo attendesse oltre ogni punto, più avanti.
Arrivano quasi insieme davanti ad Estrella che sta tornando alla sua capanna. Il primo guarda i fiori e le pietre dell’aiola; sorride. Chiede a Estrella se può fare colazione e si accomoda verso uno dei tavoli con le panche di legno. Il secondo sente parlare di colazione e dice “Bene, allora la faccio anch’io!” e si siede a poca distanza dal primo.
Estrella li osserva ed inizia a scaldare il latte e preparare il caffè; taglia fette di pane scuro e le tosta, attenta. Prepara un vassoio con tanti vasetti di marmellate e una piccola ciotola con il burro. Zucchero, cucchiaio e coltello terminano l’opera. Al primo pellegrino arriva così il profumo fragrante del pane caldo e anche il latte ed il caffè sono giusti per essere bevuti subito. Ringrazia e comincia a preparare la sua colazione respirando l’aria fresca del mattino sotto alla veranda della capanna. Il secondo pellegrino guarda la scena e si muove impaziente sulla panca.
Estrella prepara un’altra colazione con altrettanta cura; intanto accende il suo lettore cd (è una strega moderna) e pian piano la musica si diffonde tutt’intorno. Il primo pellegrino morde la sua fetta di pane e marmellata e chiude gli occhi; il secondo si scaccia una mosca che vede solo lui. Quando arriva Estrella con la sua colazione inizia subito a spalmare e mischiare, mescolare e spalmare. La mosca lo tormenta o forse qualcos’altro.
Il primo pellegrino ogni tanto si ferma e sembra sorridere di qualcosa, forse per il gusto delle marmellate di Estrella, forse per le note nell’aria. Il secondo divora le fette del pane e guarda quella intatta sul vassoio del primo che se ne accorge e gliela offre perché ha finito. Il secondo pellegrino fa sparire in bocca anche quella, raccoglie le poche cose sul vassoio, che lascia però sul tavolo; poi si alza per andare da Estrella a pagare.
Borbotta qualcosa quando lei chiede pochi euro e intasca il resto senza quasi guardare le monete. Fra queste Estrella ha messo una monetina di rame con effigiata la Cattedrale che il pellegrino deve raggiungere. Lui riparte ma sembra che un peso lo trattenga; fa alcuni passi e sistema lo zaino, altri passi e si lega una scarpa. Ha perso l’incedere glorioso, il battaglione non lo ha atteso ed è andato avanti senza di lui.
Il primo pellegrino si alza dopo aver raccolto tutto sul vassoio e lo porta a Estrella, chiedendole il conto.
Mentre la strega scrive dei numeri su un bigliettino di carta, lui chiede che musica è quella. Lei sorride e mostra l’astuccio del cd, poi guarda il pellegrino che scrive sul diario il titolo e l’interprete. Lui aggiunge che gli piace quella musica: “es preciosa.” Estrella lo guarda negli occhi e lui si sente trapassare da quello sguardo scuro, se ne sente quasi intimidito ma non è uno sguardo cattivo, è solo lo sguardo di una bella signora spagnola.
Estrella vede: trova un vecchio dolore ancora troppo lucido, trova lacrime asciugatesi sotto il sole del Tempo. Trova una voglia di scoprire ed un’altra di vedere quello che è già stato scoperto e visto. Trova una piccola fiamma che brucia e ci soffia sopra per un attimo, affinché non si affievolisca.
Mentre lui prende i soldi per pagare, la strega prende una scatolina di legno e la apre.
“Voglio farti un regalo” dice.
Mostra la scatola aperta: dentro ci sono delle pietruzze rosso scure. “Sono quarzi che vengono dall’Occidente. Sono portatori di energia” spiega e ne da uno al pellegrino che lo accetta nel palmo della mano destra.
Lui lo guarda e poi porta la mano chiusa al cuore e ringrazia Estrella chinando la testa.
Quando la rialza lei lo guarda di nuovo negli occhi e accenna un sorriso. Lui contraccambia e si allontana con ancora un po’ di quel sorriso negli occhi.
Estrella prende la sua brocca di rame, la svuota dell’acqua rimasta e va di nuovo verso la fontana sull’altro lato della strada. Lontane vede le figure di altri pellegrini in arrivo, come sempre.
Il secondo pellegrino, ormai lontano, arrivò alla Cattedrale e la trovò ad attenderlo come attende tutti, belli e brutti. Era stanco però per essersela trascinata dietro su quella monetina di rame nascosta fra le altre. Rallentato aveva però apprezzato la presenza di altri pellegrini e assaporato sensazioni lievi che solo il giusto tempo fa provare.
Il primo pellegrino però aveva raggiunto la grande chiesa un giorno prima di lui.
Mentre era dentro alle sue navate aveva negli occhi ancora gli angoli delle strade attraversate, gli occhi degli altri pellegrini, le loro parole. Ascoltava il suono nitido del grande organo e sorrideva anche se quel lucido dolore era ancora dentro di lui e le lacrime erano ancora essiccate dal tempo.
La fiamma bruciava ancora, leggera e mossa da un soffio leggero, sempre nuovo.
In mano aveva ancora un Quarzo Rosso d’Occidente.
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