Il Cammino di Santiago – La conclusione
Una pioggerellina sottile ci accompagna fuori Navarrete, il 2 Maggio. Iniziamo a camminare ma non tutti abbiamo fatto colazione. I tre nell’ostello grande non l’hanno potuta fare e non ci sono locali aperti. Nell’ostello dove eravamo noi cinque restanti c’erano le macchinette automatiche.
Usciamo dal paese ancora chiuso e la campagna ci accoglie con i suoi vigneti, piccoli e grandi. Commentiamo con Tommaso circa le tecniche di potatura di queste viti e intanto il tempo ci grazia della pioggia, ma il cielo resta coperto e l’aria fredda e umida.
Finalmente arriviamo in un posto che ha un locale aperto e gli amici ci si fiondano dentro in cerca di caffè e dolci. Resto fuori ad attendere gli ultimi due rimasti indietro, per evitare che passino senza farci caso.
Ripartiamo con umori diversi e un po’ di sole allieta il paesaggio.
La terra attorno è particolarmente rossa, quasi color vinaccia in certi punti. Vigne e prati, terreno ondulato. Sui monti lontani, nemmeno poi tanto, la neve.
A forza di passi raggiungiamo Najera a fine mattinata. Najera me la ricordo a causa della prima guida acquistata nel 2007, quando studiavo le tappe del primo Cammino. Sembrava che un sacco di gente volesse aggregarsi a noi tre e si era presentata la necessità di organizzare due gruppi: quello di chi poteva fare tutto il Cammino e quello degli altri che avrebbero raggiunto i primi per fare un solo gruppo da Leon in poi. Sulla guida c’era la foto di una scritta su un muro bianco “Peregrino, en Najera, najerino” ovvero quando sei qui sei uno di loro, una dichiarazione di ospitalità. La casupola con il suo muro bianco è ancora lì e la scritta nera deve essere stata ritoccata perché è ben nitida. Ripartiamo quasi tutti insieme e andiamo verso la meta di oggi, oltre le colline rosso vinaccia che sovrastano Najera. Lungo la strada sterrata compaiono dei segnali di legno con riportati i km che mancano a Santiago, l’immancabile freccia gialla e la conchiglia/stella stilizzata.
Alla fine raggiungiamo Azofra, in un inizio di pomeriggio freddo e umido.
Dentro si sta bene; fuori l’inverno insiste a dispetto del calendario. Una bella notte di sonno.
Ripartiamo il 3 Maggio in una mattina che, tanto per cambiare, è fredda come in Novembre e nuvolosa altrettanto. La campagna che circonda Azofra ci avvolge subito e ci fa compagnia fino ad un agglomerato di villette a schiera, divise per stile. A parte un paio di queste, sono tutte vuote e mai abitate. Costruzioni recenti, vittime della crisi e forse anche dal fatto di essere isolate abbastanza rispetto ad Azofra oppure a Santo Domingo de la Calzada, più grande e molto più avanti.
La raggiungiamo a metà mattinata e facciamo uno spuntino; poi visita alla cattedrale dove c’è la particolarità dei galli tenuti in una apposito spazio, accanto al magnifico coro di legno intarsiato, nei pressi della cripta dove sono conservate le spoglie di Santo Domingo. Aldilà delle leggende che giustificano la presenza dei galli, la chiesa è grande e bella; fra le altre cose sta ospitando una galleria di antiche opere, reperti e manufatti cinesi, mostra che si chiama “segni di immortalità”.
Dopo la visita riprendiamo gli zaini e usciamo dalla cittadina, verso nuove campagne e strade sterrate che ci portano verso Grañon. Lungo tratto pianeggiante in una campagna spoglia, con pochi vigneti e alcune stalle per bovini. Il territorio della Rioja sta finendo e si vede anche da questi particolari. Una salita ci fa entrare dentro Grañon che in pochi passi viene attraversato tutto. Al suo termine, la campagna sottostante ci mostra, vicino, un altro paese; è la meta di oggi? No, scopriremo che le basse ondulazioni del terreno alla destra nascondono la vera meta, invisibile ma altrettanto vicina.
Il sole finalmente rende tutto migliore e l’aria è gradevole e primaverile.
La sterrata devia a gomito e va lentamente verso uno scollinamento davanti a noi. Vedo qualcosa di rosso che spunta ma non capisco cosa sia e se faccia parte di una struttura del paese che ci aspetta. Solo a poche decine di metri capisco di cosa si tratta e mi sento stranamente “a casa” nel vedere il grande cartello che annuncia l’inizio della parte castigliana del Cammino di Santiago. Ne ho visti molti, cinque anni fa e sembra che il tempo non sia passato, annullato da questo oggetto simile a tutti quelli già visti. Strane emozioni della mente…
Poco lontano dal cartello, più in basso alla fine delle ondulazioni del terreno, una caratteristica delle mesetas castigliane, c’è la meta della tappa odierna. Si vede la striscia grigia della N120 che già abbiamo visto nei giorni scorsi (altra presenza e ricordo del 2008) e un gruppo di case a nasconderla per un breve tratto; è Redecilla del Camino.
Attraversiamo la nazionale, lasciando i campi e infilandoci nella solita Calle Mayor che si addentra fra le basse costruzioni, in direzione della chiesa. L’ostello è accanto a questa e in breve ci sistemiamo. La notte passa tranquilla. Solita sveglia alle 06 del 4 Maggio e solite procedure di partenza. Rifare lo zaino dopo aver riavvolto il sacco a pelo, sandali ai lati, il resto in modo da avere pesi equilibrati durante il cammino. Ormai lo faccio a occhi chiusi, abitudine di anni di zaini più o meno grandi e di una sorta di disciplina mentale che ti viene imposta da questa “casetta” sulla spalle. A Viloria facciamo una deviazione di qualche decina di metri per vedere l’ostello di Acacio y Orietta, i due ospitalieri che hanno dedicato la loro vita ai pellegrini. Lui brasiliano e lei italiana, si sono accollati l’acquisto di un rudere per pochissimi dollari ma lo hanno trasformato negli anni in un piccolo ostello familiare, divenuto pian piano sempre più di esempio lungo il Cammino. Il sole finalmente è alto e possiamo almeno toglierci i giubbotti e tirar su le maniche delle felpe. Il terreno assomiglia sempre più alla Castilla y Leon che ricordavo io, anche se è ancora collinare e colorato di verde.
Arriviamo presto a Villafranca Montes de Oca dove ho prenotato per rifarci delle poche comodità di Redecilla. E’ un luogo storico del passaggio del Cammino di Santiago; qui il vecchio complesso dove sorgeva la chiesa con annessi e connessi, compreso l’antico ostello dei pellegrini, è stato ristrutturato mantenendone l’aspetto medioevale ma trasformandolo in hotel molto bello e caratteristico. Soprattutto hanno mantenuto la tradizione e una parte della struttura è ancora usato come albergue dei pellegrini ma di categoria ottima. Paghiamo due euro in più ma prendiamo i lettini normali, in una bella camera dove sono divisi fra loro da bassi muretti, in gruppi di due o tre al massimo; a me ne tocca uno “singolo” e mi sistemo con calma. Ottimi i servizi e dopo le solite operazioni passiamo un po’ di tempo nel bel bar annesso all’hotel.
Il sole fuori picchia come un dannato e tutti siamo in versione estiva, così all’improvviso! Però fa bene e tutti ci godiamo la situazione. Ci sono anche i primi guai fisici più seri nei pellegrini, del gruppo e non. Facciamo conoscenza con altri italiani che nei prossimi giorni rivedremo spesso, almeno fino a Burgos e chi prosegue anche oltre, fino in fondo.
Cena a menù del pellegrino in un piccolo bar ristorante poco distante, non male ma nemmeno paragonabile alle nostre autogestite che, senza nulla di straordinario, sono sempre state gustose e abbondanti, talvolta invidiate dagli altri. Già dal pomeriggio parlavamo di prendercela comoda al mattino del 5 Maggio, dormire un pochino di più per fare colazione al bar dell’albergo e poi fare la tappa non molto lunga che ci aspettava… Inutile, alle 06 partono le varie sveglie e quindi, alziamoci!
Il bar però è chiuso e ci incamminiamo nel gelo di quella nuova mattinata serena; nebbioline leggere e la neve ben visibile sui monti poco distanti fanno pensare di nuovo all’inverno e il caldo di ieri pomeriggio sembra un ricordo assurdo.
Lasciata Villafranca ci inoltriamo sulle colline a ridosso, coperte di boschi ancora spogli come in pieno inverno. Altro che calendario: qui la primavera non è arrivata quest’anno!
Dopo un lungo cammino, fra il sole che inonda la grande sterrata che attraversa questa ampia zona e le ombre degli alberi subito fuori di essa, iniziamo a scendere e raggiungiamo San Juan de Ortega, dove facciamo finalmente colazione dopo circa dodici km in riserva…
Dopo San Juan ancora qualche bosco più rado ma sempre inesorabilmente spoglio; raggiungiamo infine una parte erbosa e soleggiata, sembra vagamente un giardino, con tanto di spirale di sassi costruita dai pellegrini che le scorrono accanto.
Dall’altura erbosa si vede una parte ampia del territorio che ci aspetta. Innanzitutto si scende verso un primo paese, Agés, piccolo e carino. Un cartello improvvisato ci dice che siamo a 518 km da Santiago e mi viene da ripensare alla mattina del 24 Aprile, soleggiata come questa, per i primi e duri chilometri sui Pirenei, verso Roncisvalle così apparentemente lontana. Il sole ci accompagna, sempre più forte; Agés passa e davanti a noi resta la strada dritta e pianeggiante verso Atapuerca; il paese meta di oggi segnala la sua presenza con vaghi profili e la mole della chiesa sulla piccola altura, da dove domina le poche case, ci conferma la vicinanza.
Arriviamo molto presto al paese: l’ostello scelto è ancora chiuso, manca circa un’ora all’apertura ma la signora che ci deve aprire ci ha già visto e salutati.
Notte tranquilla come sempre.
Eccoci al 6 Maggio… meglio non pensare a come sono passati in fretta questi giorni.
Lasciamo Atapuerca con il sole ancora nascosto. L’aurora ci mostra il cielo quasi sgombro e poco più avanti, dalla collina da valicare per passare nella zona di Burgos, vediamo anche il sorgere del sole. Al momento di scollinare troviamo un’altra spirale, molto grande questa, fatta con tante pietre e sassi e al centro una semplice croce di legno. Poco più avanti la visuale offre la città davanti a noi, si distinguono le guglie gotiche della cattedrale in distanza. Fatti pochi passi in discesa e si presenta un bivio: a destra scendiamo lungo una cava e verso Villafria e poi alla statale da seguire parallelamente, fino all’ingresso in città. A sinistra invece si scende verso un paio di paesetti e infine andando a sinistra dopo un cavalcavia, praticamente a un altro bivio, si scorre su un lungo sterrato a fianco dell’aeroporto, arrivando in città dal sobborgo di Castañares.
Ho trovato indicazioni di un percorso alternativo che evita l’arrivo lungo la nazionale e la zona industriale della città: lo danno per tutto segnato e infatti quando prendiamo la sterrata a ridosso dell’aeroporto non è difficile seguire il percorso e alla fine trovare le frecce gialle. Il problema è che le piste ciclopedonali lungo il fiume, che credevo di percorrere, non sono indicate e le frecce gialle a questo punto indicano l’ingresso in città lungo la solita N-120, da una periferia che sta fra il fiume e l’altro accesso più a nord. Si dovrebbero chiedere indicazioni sul posto; meglio sarebbe altra segnaletica.
Peccato perché mi sarebbe piaciuto percorrere le zone verdi lungo la sponda del fiume Arlanzòn, arrivando ai ponti storici che conducono nel centro antico della città di Rodrigo Diaz de Vivar, detto El Cid. In ogni caso questa “seconda” strada di accesso a Burgos è, secondo me, migliore dell’altra classica lungo la superstrada e la zona industriale, brutta e confusionaria.
La città ci offre negozi e bar aperti, viali con alberi e un po’ di traffico. Zone nuove con alti palazzi e il solito tran-tran urbano uguale in tutto il mondo. Notiamo che i fruttivendoli hanno prezzi bassissimi; rispetto ai prezzi dei paesi attraversati fin qui non c’è paragone: pare assurdo, ma qui si va a circa un terzo dei prezzi che abbiamo visto in altri luoghi. Tanti negozi hanno dei cartelli fatti a mano e che inneggiano a “prezzi anti-crisi”. Vero, bella frutta a prezzi ridicoli.
Arriviamo nelle zone più centrali e Burgos mostra aspetti diversi, soprattutto notiamo le prime delle molte statue in bronzo sparse per la città e che rappresentano di tutto, compreso il celebre pellegrino seduto su una panchina, nella piazza della cattedrale.
Girando abbiamo viste anche quelle un uomo e un bambino in costume seicentesco, una coppia di nonni sulla panchina, un vigile urbano retrò e un lettore di giornale appoggiato a una colonna. Oltre la celebre statua equestre del Cid, vediamo anche quella di un possente toro, tanto per ricordare dove siamo.
Usciamo nel pomeriggio per una passeggiata fra calli e piazzette; ci fermiamo in un bel locale moderno, Café Casino in Plaza Mayor, tanto per non disabituarsi, dove ci ha affascinato la varietà di tapas esposte. Non sono solo belle ma anche buone, segno che non si guarda solo all’occhio per attirare i clienti ma anche al gusto per farli tornare.
Un sopralluogo necessario è quello in cerca della stazione dei bus, dove domani 7 Maggio troveremo il bus Alsa per l’aeroporto Barajas di Madrid. Come visto sulle mappe, si trova a poche centinaia di metri dalla piazza della cattedrale, a sua volta a pochi passi dall’ostello; facile quindi.
Il bus che il 7 Maggio ci porta da Burgos al Barajas di Madrid è comodo e diretto da città a città. Nel volgere di poco tempo ti ritrovi dal Cammino di Santiago, zaino in spalle e scarponcini ai piedi, al mondo colorato e commerciale, agitato e tecnologico dell’aeroporto della capitale spagnola. Mi sento fuori posto e l’aereo non migliora la cosa, sembra un autobus anche quello, solo più stretto e con più gente, finestrini piccoli invece che ampi.
Il mondo sotto scorre lento ma è solo una impressione. Alle 08:15 ero a Burgos a guardare il bus fare manovra e alle 15:25 ho lo zaino sulle spalle, guardo l’orologio e osservo un binario del treno navetta che dall’aeroporto di Pisa porta alla stazione centrale. Mia sorella Valeria è dal lato opposto dell’aeroporto in attesa di Andrea, suo marito, che è venuto apposta a prenderla. Considero che faccio in tempo a mangiare qualcosa e poi prendere il prossimo trenino e poi un altro verso casa…
Passato tutto troppo in fretta, troppo spesso con meteo cattivo. Il tanto atteso ritorno sul Cammino di Santiago mi lascia l’amaro in bocca, una delusione nemmeno tanto nascosta… credevo meglio francamente e i ricordi stagnano fra immagini di paesaggi sotto il sole (poche) e quelle confuse sotto il cappuccio della giacca a vento o del poncho impermeabile. Le foto fatte non aiutano e non sono come pensavo prima di farle, prima di partire.
Pazienza, ma dispiace lo stesso; i ricordi più lontani del 2008 vengono spontanei quando penso al Cammino di Santiago, mentre quelli recenti dell’edizione 2013 restano innaturalmente in secondo piano. Un peccato… Nella foto di gruppo, ci siamo tutti, i protagonisti di questa “ avventura”. Da sinistra: Emilio, Donato, Tommaso, Valeria, Lucia, con Gino piegato, Valerio a destra e accosciato davanti, Marco. Un minuto prima della partenza da Saint Jean Pied de Port, il 24 Aprile 2013.
Marco Parlanti ( testo e foto)