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Interviste ai grandi camminatori: Alberto Conte e Giovanni Balzaretti


Una delle vere ricchezze che si acquisiscono camminando è incontrare le persone che talvolta conosciamo come personaggi “pubblici”. Mi è successo così con diversi di coloro che posso annoverare come amici camminanti. Mi è successo con Alessandro Vergari, scoperto in qualità di autore de Il Manuale del Camminare Lento e poi frequentato fuori e dentro i trekking che organizza e conduce. Così pure è accaduto con Manfredi Salemme, Gianfranco Bracci, Riccardo Carnovalini e Anna Rastello ma lo stesso vale anche per coloro che non fanno parte della schiera delle “celebrità” e che, come il sottoscritto, sono solo appassionati.
Quello che è evidente in questi rapporti fra persone con il “male della ruota”, cioè che prendiamo la ruggine se stiamo fermi, è che tutti parliamo lo stesso linguaggio e seguiamo una politica comune, spesso fuori schema e schieramenti.
Nella mia lista di “celebrità”, passatemi il termine una volta ancora, ci sono anche due amici che ho conosciuto separatamente ma con i quali ho avuto la fortuna di poter camminare  contemporaneamente.
Essi sono Alberto Conte, l’ingegnere della Francigena e Giovanni Balzaretti, il camminAttore come lo chiama lo stesso Alberto. Dovevo fare loro compagnia e un po’ da guida su un tratto fra Fucecchio e Pisa, magari seguendo una parte del percorso de La Via Etrusca del Ferro.
Partiti quindi da Ponte a Cappiano, luogo di transito della Francigena, abbiamo raggiunto il paese di Buti alle pendici del Monte Pisano e da lì siamo ripartiti il giorno seguente verso Caprona e gli argini dell’Arno in direzione di Pisa.
Durante la cena in un tranquillo ristorante butese ci siamo scambiati pareri e domande, una chiacchierata più che una vera intervista.
 
d. Fate una presentazione di voi stessi “fuori schema”, cioè quello che sentite di essere intimamente, oltre i soliti dati sociali e anagrafici.
Alberto: Ghiaccio bollente, grandi passioni celate dietro un aspetto “controllato”.
Giovanni: Sono un lavoratore, precisamente un lavoratore dello spettacolo. Lo faccio in Italia, in Europa e in altre parti del mondo. Sono innamorato del mio lavoro. Il fatto di farlo in uno Stato in cui il Regime dell’Ignoranza abbia reso difficile il mio operare non mi ha demoralizzato ma fortificato. Continuo ormai da trent’anni nel tentativo di farcela a fare piccoli passi in avanti. Vanno bene anche se molto piccoli. Basta che siano continuativi, basta che siano duraturi. C’è molto affetto e molta allegria nei miei giorni normali. Sono una persona fortunata.
 
d. Alberto, cosa ti ha coinvolto prima: il tuo stesso camminare oppure l’organizzare il cammino per gli altri?
Alberto: Il cammino è la mia principale attività politica. Il mio principale obiettivo è la diffusione del cammino in Italia come fenomeno culturale e sociale, per cui l’aspetto organizzativo è sicuramente prevalente.
d. Giovanni: di te so che sei un veterano sia del Cammino di Santiago che della Via Francigena: sono stati i tuoi punti di partenza o soltanto tappe nella tua carriera di Attore in Viaggio?
 Giovanni: Essere pellegrino non c’entra con il mio lavoro. Essere pellegrino è un regalo arrivato nella mia sfera privata, non in quella pubblica. Poi io scrivo Progetti Culturali e posso farlo per la Carta dei Diritti del Fanciullo o per il potenziamento dei Grandi Itinerari Culturali Europei ma so scindere le due cose sapendo chiaramente quando sono un Pellegrino e quando sono un lavoratore. Provo chiaramente due piaceri diversi che si mischiano solo per quel che riguarda l’umanità che incontro. Quello è un piacere unico. E poi gli attori sono sempre in viaggio, gli attori fermi sono attori disoccupati ma è una relazione diversa. Gli attori “devono” viaggiare e lo fanno il più rapidamente possibile; i Pellegrini e i Camminanti “vogliono” viaggiare e lo fanno il più lentamente possibile.
 
d. Vi faccio scoprire le carte: raccontatemi rispettivamente come vi siete conosciuti e quale è stato il viaggio che vi ha portato a collaborare?
 
Alberto: Ci siamo visti in uno dei numerosi e noiosissimi convegni che pullulano lungo la Via Francigena. Giovanni era forse l’unico relatore che avesse camminato per più di un chilometro negli ultimi mesi, quindi non ho potuto fare a meno di notarlo. Ci siamo risentiti mesi dopo, mentre organizzavo un Cammino di Assisi e Giovanni mi ha chiesto di partecipare. Ho accettato volentieri e lungo quel cammino è nata la nostra amicizia.
Giovanni: Tre o quattro anni fa sono andato a Terra Futura per attingere alla fonte dei sapienti sui Cammini. Lì Alberto presentava il suo immenso lavoro di geo-referenziazione satellitare di tutta la Francigena. Mi ricordo che ho pensato “guarda come è felice e comunica anche bene” ma di GPS io non ci capivo niente e ho lasciato la sala.I Corsi in Italia per Ospitalieri Volontari ci hanno unito. Ci siamo sentiti mossi verso obbiettivi comuni. Condividendo l’essere pignoli, l’essere fattivi, l’essere umili.Poi ci siamo incrociati numerose volte in molti convegni ma per me nelle situazioni “parlate” su Cammini e Camminanti c’è sempre un segnale chiarissimo: la domanda “ma quand’è che camminiamo insieme?” Nell’estate lo abbiamo fatto sul Cammino di Assisi; nell’autunno abbiamo camminato da Proceno a Roma per CamminaFrancigena 2010; poi in primavera siamo andati da Milano a Roma per “PA in Cammino”… Quest’anno cammineremo anche su Santiago, sulla provincia di Siena , sul tratto laziale della Francigena.
 
d. E’ scontato chiedervi di scegliere fra le mille immagini o situazioni che ricordate dei vostri cammini: le due che in assoluto vi hanno colpito finora, sia in positivo che in negativo.
 
Alberto: La positive sono innumerevoli, parlando di Giovanni non dimenticherò mai la sera in cui ha recitato Dante sul sagrato del Santuario della Verna.Le negative riguardano in genere l’accoglienza: una tappa del cammino Santiago-Finisterre in cui i gestori del rifugio privato in cui siamo stati alloggiati dopo una giornata invernale sotto la pioggia si rifiutavano di accendere il riscaldamento, ad esempio.
Giovanni: Sono Ospitaliere in Spagna sul Cammino di Santiago in pieno inverno. Più che accogliere io soccorro Pellegrini. La gente del Paese viene dopo pranzo a chiedermi sempre pane duro per le galline e ossa per i cani. Il 23 dicembre entra una donna, mi chiede le ossa e il pane duro. Mentre gliele chiudo in un sacchettino si avvicina al camino, non per scaldarsi ma per vedere che libro sto leggendo. Si gira, prende il pacchettino, mi stampa lo sguardo e mi cita a memoria, in italiano, le Confessioni di Sant’Agostino. Non la pagina che stavo leggendo ma quella dopo, quella che avrei letto dopo che lei se ne è andata. In negativo invece non vorrei stipare nulla nella memoria perché ci sono stati momenti un po’ più difficili, però visto che per fortuna nessuno di questi si è concluso con esiti drammatici, direi che entrano nelle prove affrontate e felicemente risolte.
 
d. Abbiamo parlato durante il nostro viaggiare lento di due programmi futuri, belli e ambiziosi; lasciandoli scaramanticamente da parte, quale altro sogno in cammino vorreste veder avverarsi in futuro?
 
Alberto: Mi piacerebbe vedere un flusso regolare di persone che viaggiano a piedi tra Roma e Santiago.
Giovanni: Unire le spoglie di Santa Bona in San Martino a Pisa con un cammino fino alle spoglie di San Giacomo il Maggiore a Compostela. La piccola suora che nel 1100 ha accompagnato per nove volte pellegrini fino alla tomba di san Giacomo vorrebbe questo: Il suo Cammino.
 
d. Come già ho fatto con Riccardo Carnovalini, lascio che l’ultima domanda ve la facciate da soli e quindi l’argomento è a vostra scelta.
 
Alberto: Alla domanda “cosa ritieni importante” risponderei che io credo sia importante che lo Stato riconosca la dignità del pedone e del ciclista come reali utenti della strada, predisponendo un’apposita segnaletica di direzione e strutture di accoglienza adeguate. Oggi chi viaggia a piedi si trova in un limbo, in una zona grigia che rasenta la clandestinità, poiché cammina spesso sui bordi di strade che non sono fatte per lui, seguendo segnavia che è vietato apporre, dormendo in strutture di accoglienza semi-abusive. Un vero peccato, un’occasione che finora le Istituzioni non hanno saputo cogliere.
 
Giovanni: Domanderei a me stesso: “Giovanni ma perché cammini così? Che cosa ti sta insegnando?” e mi risponderei: “Ad Accogliere. Non avere paura dello sconosciuto ma esserne curiosi. Vederlo come una fonte di novità o di diversità, di diverse possibilità”.
 
Come immaginavo la chiacchierata/intervista con questi due amici è stata piacevole così come i due giorni passati insieme camminando. Posso solo ringraziarli nuovamente e aspettare la prossima occasione per percorrere con loro lo stesso Cammino.
 
 
Marco Parlanti

2 commenti
  1. Silvia
    Silvia dice:

    In Francia bloccano, per ore, le strade di passi alpini importanti per far passare solo ciclisti e dunque camminatori.La regola è severa ma molto civile.
    Grazie a voi
    Silvia

    Rispondi
  2. Marco
    Marco dice:

    Si ma non sempre: una pellegrina verso Santiago mi raccontava a Portomarin che c’era mancato poco la “stirassero” lungo le strade fra Lourdes e Somport…
    Dipende dai momenti e dai luoghi. I camminatori non sono così importanti come i ciclisti… forse perché non hanno le ruote sono considerati invasori della strada.

    Rispondi

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