Suoni e visioni d’Albania, quando il socialtrekking sa come sorprenderti
Le note del sax mi giungono inaspettate mentre sono intento a rimirare un antico proiettore a manovella su cui troneggiano locandine di film della commedia sexy all’italiana degli anni ’70 e di più romantiche pellicole greche. A suonare “Il Padrino” con il suo sax un po’ ammaccatuccio ma dal suono ancora limpido è proprio Zan, il poliedrico gestore istituzionale dell’onirico cinemino di Permet, cittadina turistica incastonata in una valle circondata da verdeggianti colline.
La struttura è tutta legno, ferro un po’ arrugginito e polverosi manifesti. Siamo reduci, noi trekkers del viaggio improntato alla filosofia del sociatrekking “Cuore caldo dell’Albania”, da una mattinata e un pomeriggio assolati di marcia settembrina tra le aspre rocce, il pietrisco e lo scorrere di acque lontane. Pietre d’Albania calpestate lungo le gole del fiume Vjosa, che scorre con le sue acque profondamente turchesi tra il Sud ovest albanese e l’area settentrionale occidentale della Grecia.
Al termine delle sudate ma gratificanti performances escursionistiche, i nostri passi si sono fermati proprio qui, come socialtrekking comanda. L’interno del cinemino, a similitudine di una singolare matrioska, sembra a sua volta contenere tutto quanto potrebbe fare la felicità di un’attenta troupe cinematografica, per girare qualche scena del cinema che fu. Zan, vispo albanese di età indefinita ma verosimilmente sulla settantina, è un fine conoscitore della cinematografia e ha un debole per quella italiana. Infatti, ci fa accomodare premurosamente sulle scricchiolanti seggiole della sala di proiezione. Ci regala quindi delle spettacolari sequenze di una pellicola anni ’50, in cui un tormentato ed espressivo Massimo Girotti pone fine alla sua storia sentimentale con una ancor più tormentata compagna, interpretata mi sembrerebbe da Silvana Pampanini, nella penombra dell’ingresso di una caserma.
Guarda caso, il cinemino si trova proprio a pochi metri da una dirupata caserma, beffardo monumento agli illusori sogni di gloria imperialista italiana in terra Albanese. Tra le erbacce e i calcinacci prossimi alla fossilizzazione, troneggia ancora su una delle poche pareti semi-integre una bellicosa frase scritta nell’italico idioma, d’inconfondibile provenienza dai meandri del ventennio fascista. Siamo ormai all’imbrunire. L’intensa giornata di socialtrekking, a stretto contato con le singolarità naturali e sociali di quest’angolo di Albania, si avvia verso la conclusione.
Ma Zan ha ancora in serbo per noi un aspetto singolare della sua personalità, che ci mette con zelo a disposizione. La divinazione del futuro attraverso la lettura dei fondi di caffè turco. Perché non approfittarne? Musicista, cinofilo ed anche un po’ sciamano, alla fine quest’anziano signore – dall’aspetto a prima vista un po’ anonimo – è riuscito a sorprenderci tutti. Un po’ come la sua terra, Se si guarda, infatti, l’Albania con occhio appena un po’ più attento, non tardano a disvelarsi tanti spunti intriganti e scenari densi di suggestione .
testo e foto di Raffaele Basile