Va’ dove ti porta il piede
La gente non fa un viaggio. È il viaggio che fa la gente.(John Steinbeck)
Era bello spostarsi in gruppo parlando, cantando, intavolando discussioni e confronti, ma altrettanto piacevole era camminare soli, qualche decina di metri dietro ai compagni. In silenzio, isolati quel tanto che bastava per intravedere le sagome di coloro che precedevano, ma abbastanza distaccati da udirne appena le voci. (Emanuela Maria Leva)
La nostra vita è un (lungo) cammino, non serve scomodare il sommo poeta per rendersene conto.Se ne percorrono i primi tratti senza sforzo, sicuri, nel grembo di una donna che in seguito guiderà i nostri primi incerti passi.Il camminare diventerà una delle nostre più importanti attività, innumerevoli volte lo faremo da soli, e spesso, ed è questo un augurio, assieme ad altri ed il più possibile in buona compagnia.
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Non sono nemmeno le sei del mattino e sto camminando solo verso la stazione ferroviaria per recarmi ad uno dei miei tanti appuntamenti di lavoro con gli amici che con me condividono l’esperienza esaltante di Banca Etica; è molto buio, siamo a fine novembre, e le luci natalizie volutamente anticipate restano accese la notte a beneficio di netturbini e tassisti, alla faccia del risparmio di energia da parte della mia città di mercatini, inopinatamente socia dell’Alleanza per il Clima.
Mentre cammino penso, essendo questa una delle attività più caratteristiche ed utili del pedone solitario.
C’è una mia vecchia teoria a questo riguardo che recita:
CAMMINARE:
da soli è contemplazione
in due è comunicazione
in molti è condivisione
Così è anche nella vita.
In seguito, durante un altro viaggio a piedi, mi è capitato di arricchire ulteriormente questa riflessione:
Cammino da solo, un’ondata di pensieri mi travolge. Devo stancarmi per riuscire a metterli in fila.
Cammino con te e penso, chi sei, chi hai conosciuto prima di me, con chi hai sofferto o gioito? Forse un po’ di serenità possiamo procurarcela a vicenda.
Cammino con voi, mi accorgo che siamo a volte così diversi e a volte così uguali. Possiamo trovare una via di mezzo e stare tutti un po’ meglio.
E cammina, cammina, cammina…
Ma che dire dell’ insostituibile, strumento per viaggiare, gli scarponi?
Alcuni li ho letteralmente sfondati per l’uso – se non è un incidente meccanico questo – ricordo in proposito con nostalgia quelli lasciati in un cassonetto sulla strada di una Firenze – Siena, superbo trekking nello scenario delle colline toscane.
Senza di loro dove andremmo, lo stesso Ötzi possedeva qualcosa di simile, molto grezzo se vogliamo, ma nemmeno tanto, e lui ne faceva, eccome, di passeggiate in montagna.
E poi, cambiando discorso, che belli i compagni di strada! Quanti volti, quanti pensieri, quanti sorrisi, questi proprio non si rottamano, anzi si tengono ben presenti nel ricordo.
Si perché in cammino si sorride molto, ci si guarda in faccia, si dicono un mare di sciocchezze ma anche una valanga di parole importanti, da tenere strette per sempre.
A questi partner pedestri si devono aggiungere i compagni di viaggio platonici, che sono molti di più; con questi ultimi non ci si muove nello spazio ma nelle cose, si fanno progetti insieme, si costruiscono attività comuni, insomma si cerca di dare un senso alle nostre esistenze ed un contributo positivo alla vita di tutti, anche questi sono cammini.
E si sbaglia strada, spesso lo si fa, è inevitabile ed è molto fastidioso; questo vale sia per i percorsi viari che nella vita.
Se si é in tanti accade che qualcuno se ne accorga e ci avverta quasi subito, allora la deviazione non comporta grandi fastidi – elogio della cooperazione.
Quando si viaggia da soli ci si avvede dell’errore molto tardi, anzi a volte non ci se ne accorge mai ed una trappola si chiude attorno a noi come per i tonni nella tonnara.
Per evitare questo a molto servono le carte e le guide, la lettura, l’informazione ed i buoni insegnamenti che dirigeranno il nostro cammino verso la meta giusta, nelle strade del mondo e della vita.
Un decalogo
Ora, poiché nessuno nasce imparato e visto che qualcuno prima di noi ha meditato camminando ed ha messo sulla carta idee intelligenti perché non ispirarsi a costoro.
Riparto e riporto quindi un decalogo di suggerimenti per il camminatore che ho trovato nel libro “A piedi” di Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro, che mi ha quasi convinto ed al quale dunque ricorro con mie originali rielaborazioni:
- Curate il vostro piede: beati voi se non ne avete bisogno, ma curateli lo stesso con pediluvi, cerotti, creme e massaggi interessati. Questo costituirà come minimo una forma di ringraziamento nei confronti di chi vi fa divertire con il viaggio.
- Mangiate il giusto: anche qui la cosa è molto soggettiva, ma come in tutte le circostanze l’equilibrio giova. Non lasciate le vostre abitudini alimentari, che dovrebbero però essere già equilibrate a prescindere, aumentate senz’altro frutta e verdura.
La sera dopo l’arrivo è concesso un po’ di peccato…la fatica va premiata.
- Bevete a più non posso: l‘acqua è VERAMENTE benedetta, durante la marcia bevetene quando e più che potete, non temete per la vescica, la suderete. Nelle stagioni calde bagnatevi spesso testa, polsi, collo, ecc. – se piove non serve.
La sera poi la birra è un toccasana, ed un goccio di vino tira su il morale ed allieta la compagnia, bevete quello del posto se siete al di sotto di un certo parallelo.
Se invece siete astemi pazienza, ci sono ottimi succhi e spremute, comunque vi perdete qualcosa.
- Andate a dormire presto: normalmente questa è una raccomandazione superflua, se si è camminato tutto il giorno con lo zaino in spalla la sera non si vede l’ora di allungare le gambe. Ci sono però quelli che sono schiavi di computer, cellulari e simili marchingegni che non dovrebbero comparire in un trekking, gli apparecchi, non le persone. Vade retro, stiamone alla larga almeno per qualche giorno.
Se poi capitiamo in una città un po’ vivace possiamo fare un’eccezione, ma stile Cenerentola, a mezzanotte si chiude.
- Attenti a come vestite: non per niente esistono indumenti per ogni tipo di attività outdoor. Non è solo marketing, l’abbigliamento tecnico è funzionale, leggero e piccolo nello zaino. In un viaggio a piedi o in bicicletta le condizioni atmosferiche cambiano quasi di sicuro…e noi ci siamo dentro in pieno.
Bisogna essere pronti a tutto vestendosi “a cipolla”.
- Non tornate mai indietro: voce del decalogo che capisco ma non mi adeguo, è faticosissimo tornare sui propri passi, sembra di aver sbagliato tutto nella vita, ma qualche volta serve a recuperare cose preziose ed è comunque meglio scordare il proprio orgoglio ferito per una via più facile e sicura, se poi è quella giusta…non c’è storia.
- Camminate contromano: vale per le strade carrozzabili che andrebbero se possibile evitate, non per i sentieri, ed in ogni caso diffidando delle curve verso sinistra, che è meglio affrontare dall’altra parte della strada.
- Usate scarpe usate: trovo all’ottavo posto il comandamento che andrebbe menzionato per primo. La scarpa è tutto in un trek, anche nudi ma con le calzature giuste, usate ed allargate dalle nostre estremità da tempo immemorabile, quasi pantofole da casa, basta che siano fornite di buona suola e di un sicuro allaccio sul collo del piede, non troppo stretto. Sarò fortunato (Lucky è uno dei miei soprannomi adolescenziali) ma non ho mai sofferto di vesciche.
- Ungetevi, il sole è cattivo: …e quando te ne accorgi è troppo tardi. E ti colpisce sempre con i suoi ultravioletti, persino dietro le nuvole; risulta eccessiva per tutti l’esposizione di molte ore al giorno, tanto si resta all’aperto durante un trekking a piedi o in bicicletta.
Coprire allora le parti sensibili esposte può essere un altro espediente utile, soprattutto la testa, il collo, le spalle, braccia e gambe sopportano meglio.
Pensateci bene, coloro che sono per natura i più esposti, gli abitanti del Sahara, ci insegnano in ogni caso a vestirci completamente; e poi se siamo immersi nella natura ricordiamoci che questa punge, rovi, rami e insetti sono sempre in agguato.
- Usare carte geografiche locali: ormai esiste il sistema G.P.S. (Global Positioning System) con il quale per un verso possiamo verificare esattamente la nostra posizione ma in compenso i nostri movimenti possono venire controllati dai satelliti americani.
Esistono sempre cartine locali dettagliate, e si può chiedere la strada ai contadini nei campi, a volte questi si sbagliano ma tanto lo fanno anche le cartine ed i satelliti, ci vuole pazienza.
- Fare sempre il bucato: anche qui i tessuti “tecnici” aiutano asciugando in una notte e se mai c’è sempre il trucco di appendere i calzini allo zaino, non sarà elegante ma non siamo mica a Milano-moda. L’altro trucco è utilizzare sacchetti di plastica differenziati per tipologia di indumento, così la roba non si bagna ed uno di questi sacchetti servirà per gli indumenti che non si riescono o che non si ha più voglia o tempo di lavare (sempre assolutamente con sapone di Marsiglia, buono per tutte le stagioni).
- Scrivete tutti i giorni: comandamento non tassativo, chi vuole scrive, poi c’è chi fotografa, chi filma (pochi), chi parla con la gente, molti ascoltano musiche locali, consistenti in buona parte nel fruscio del vento e nel canto degli uccelli; ognuno ha la sua maniera di introiettare il viaggio, l’importante é scoprire un modo proprio di goderselo, da soli e in compagnia.
Senz’altro immagini improvvise di quella avventura, frammenti di frasi dette, scenari e scenette appariranno mesi ed anni avanti nella nostra mente, nei momenti più impensati, rinnovando il piacere provato allora.
Mah…mi sono accorto quasi verso la fine che questo decalogo era invece un dodecalogo, è un po’ come quando si parte per un trekking, ti dicono sei ore poi cammini per sette o più, ti segnalano un dislivello di 500 metri poi ne fai almeno 800, ti parlano di 15 km poi ti accorgi di averne percorsi 18 o 20, è la vita oppure è il sadismo delle guide?
Non lo sapremo mai, ma va bene così!
Buon cammino!
CLAUDIO FERRARI
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