In cammino nel tempo
In cammino nel tempo. Nella prima immagine di questa pagina, un uomo e un bambino vanno incontro al mare: è la fotografia che ha stimolato il titolo dell’intero progetto, “Ko phiripè e vaktesa” in lingua romanè. Un viaggio verso un paesaggio aperto, quello che accompagna il nostro immaginario quando pensiamo ai Rom; la realtà è spesso più articolata e complessa, comunque interessante.
Ma ritorniamo alla fotografia: l’uomo e il bambino, il nonno e il nipote sono a Cecina, più vicino di quanto immaginabile: è il 6 maggio, Đurđevdan, la festa di SanGiorgio dedicata al rinnovamento. Nell’acqua che scorre, nel fiume o nel mare viene fatto un bagno rituale; si lavano anche i fiori e le fronde di salice da portare a casa per adornare l’ingresso e le stanze. Dopo pranzo inizia la festa, si canta fino all’alba e la notte è illuminata dai fuochi accesi vicino a ogni abitazione.
La festa di San Giorgio, sia presso i Rom che in altri popoli (in alcune regioni della Russia, della Germania, delle isole britanniche), evidenzia elementi precristiani riconducibili alla radice indoeuropea: si celebra il ritorno del periodo caldo, della primavera, il rifiorire della natura: l’intero mondo rinasce e il rinnovamento universale merita di essere accolto e onorato.
Anche tra i kosovari e macedoni, San Giorgio è festeggiato il 6 maggio, all’interno del calendario gregoriano. Nei due giorni precedenti si svolgono i preparativi per questo baró đivé (“giorno festivo”): vengono puliti la casa e il terreno intorno; si comprano e si cucinano i bakré (agnelli). L’acqua viene portata da una sorgente, insieme a ramoscelli di salice, con i quali si incorniciano la porta e le finestre della casa; la primavera prende il posto dell’inverno ormai finito: è un periodo di sacrifici religiosi e di offerte votive. La mattina tutti si alzano presto, si lavano ritualmente, vestono indumenti puliti, e la festa può iniziare.
San Giorgio è riconosciuto dai cattolici, dagli ortodossi, dai musulmani: in Kosovo, il 6 maggio, un pellegrinaggio raggiunge la roccia di Drahovco, dove il santo arrestò il cavallo alla fine di una battaglia durissima; ferito e assetato venne salvato dall’animale che, battendo gli zoccoli sulla roccia nera, fece sgorgare l’acqua.
Massimo D’Amato
“Ko phiripè e vaktesa – In cammino nel tempo” è visibile fino al 21 maggio nelle sale del Museo di Antropologia in via del Proconsolo 12, Firenze.
Foto copertina: “In cammino nel tempo”. Nelle didascalie delle foto è riportato il titolo dato dall’autore all’immagine.